Oswald Spengler: L’uomo e la macchina
Oswald Spengler: L’uomo e la macchina
Contributo a una filosofia della vita
Spengler costruisce una poderosa filosofia della storia, basata sull’assunto originale che esiste una “realtà” storica la cui vera sostanza, il vero oggetto storico, è la cultura, ovvero un modo organico di pensare e sentire. Mettere al centro della riflessione la storicità della storia è certamente un dato fondamentale per l’interpretazione del passato e del presente, ma non era un’idea totalmente originale di Spengler; prima ancora ne aveva parlato Marx, il cui materialismo storico era proprio il progetto di studiare la storia eliminando ogni chiave di lettura che non fosse storica e, anzi, facesse appello ad entità metafisiche o a concettualizzazioni estrinseche al divenire storico.
Ma poi Marx aveva utilizzato prevalentemente meccanismi economici per comprendere l’evoluzione delle società e, pur trattandosi di meccanismi molto validi, aveva comunque realizzato una riduzione della prospettiva e l’esclusione di altri, non meno importanti fattori. In questo testo, L’uomo e la macchina, pubblicato in edizione italiana nel 1931, Spengler usa l’analisi storica per fornire una teoria tutt’altro che banale sull’origine della tecnica, sul suo sviluppo, cresciuto al punto da dare vita a una civiltà delle macchine, sempre più potente e sempre più problematica, e sulla sua crisi: la civiltà faustiana, come Spengler chiama l’ultima fase della civiltà europea, ha proprio nelle macchine e nella tecnica l’elemento principale della sua dissoluzione.
Questo sguardo pessimista sul futuro è tutt’altro che ingiustificato, anche se non va accolto acriticamente. Si tratta di una posizione inserita in un dibattito molto articolato e che andrebbe confrontata, ad esempio, con La ribellione delle masse, di Ortega, con l’antitecnicismo di Unamuno, con l’esaltazione della macchina di Marinetti e del futurismo, con la riflessione sul dominio della tecnica svolta da Ernst Jünger nell’Operaio, o da Gramsci sul fordismo, per non parlare del dibattito suscitato dalla potenza distruttiva della seconda guerra mondiale, ben più grande della guerra precedente, o dai potentissimi strumenti di controllo sociale e condizionamento del nostro mondo attuale.